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Eteronimo ispirato da un romanzo di Bernard Malamud.In realtà è persona affidabile e impertinente, amante della natura e dell'aisthesis.
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"Buona, ammirevole Molly, vorrei se può ancora leggermi, da un posto che non conosco, che lei sapesse che non sono cambiato per lei, che l'amo ancora e sempre, a modo mio, che lei può venire qui quando vuole a dividere il mio pane e il mio destino furtivo.
Se lei non è più bella, ebbene tanto peggio! Ci arrangeremo!
Ho conservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda che ne ho ancora per tutti e due e per me almeno vent'anni ancora, il tempo di arrivare alla fine.
Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, della specie più brutta e fredda. Comunque, ho difeso la mia anima fino ad oggi e se la morte, domani, venisse a prendermi, non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo, cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che Molly mi ha regalato nel corso di qualche mese d'America".
-- Louis-Ferdinand Céline
dal libro "Viaggio al termine della notte"
Non saprai mai che la tua anima viaggia
come in fondo al mio cuore, dolce cuore adottivo;
e che nulla, né il tempo, gli altri amori, gli anni,
impediranno mai che tu sia stato.
Che la beltà del mondo ha già il tuo viso,
di tua dolcezza vive, splende del tuo chiarore,
e all’orizzonte il pensieroso lago
narra soltanto la tua serenità.
Non saprai mai che porto la tua anima
come una luce d’oro che rischiara i passi;
che un po’ della tua voce suona nel mio canto.
Dolce fiaccola i tuoi raggi, dolce braciere la tua fiamma,
mi insegnano il cammino dei tuoi passi,
e un poco ancora vivi, perché ti sopravvivo.
(Marguerite Yourcenar)
Esiste una conoscenza che toglie peso e portata a quello che si fa. E per la quale tutto è privo di fondamento tranne essa medesima. Pura al punto da aborrire perfino l'idea di oggetto, traduce quel sapere estremo secondo il quale fare o non fare un atto è la stessa cosa, e a cui si associa una soddisfazione altrettanto estrema: il poter ripetere, a ogni incontro, che nessuno dei gesti da noi compiuti merita la nostra adesione, che niente è avvalorato da una qualche traccia di sostanza, che la «realtà» è dell'ordine dell'insensato. Una tale conoscenza meriterebbe di essere definita postuma: opera infatti come se chi conosce fosse vivo e non vivo, essere e memoria di essere. «È già passato» dice costui di tutto ciò che compie, nell'istante stesso dell'atto, che viene così destituito per sempre di presente.
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"La verità è che oggi l'uomo è molto meno ingenuo di un tempo. E come potrebbe essere diversamente nell'epoca in cui lo storicismo è ancora dominante e la psicoanalisi detiene il primato? La psicoanalisi in gran parte ha distrutto la fede nella cultura e nel suo progresso. Nell'atto della creazione, che è essenziale per ogni idea o concezione di cultura, essa scopre dei retroscena la cui conoscenza fa venir meno l'entusiasmo per ciò che le epoche classiche dell'umanità hanno chiamato il carattere ideale della cultura. Non che la psicoanalisi, basandosi su dati reali, sia di per sé biasimevole, ma il fatto di fare di ogni essere umano un analista, uno spettatore di se stesso, la situa in una posizione totalmente particolare nel mondo attuale. La psicanalisi - non come interesse degli specialisti, ma diffusa e coltivata dal pubblico - poté apparire solo nelle fasi di decadenza di una cultura. Se la psicoanalisi ha distrutto in una certa misura la fede nella cultura, non è meno vero che essa stessa è l'espressione e il risultato di una noia imprecisata per il fenomeno della cultura. Chi può ancora aver fede oggi nella personalità, nell'ideale e nel progresso quali elementi costitutivi di una cultura? Un tempo, il pronunciarsi su queste cose era accompagnato da una nota affettiva; perciò si aveva fede in esse. Per noi tali elementi hanno perduto il loro significato, e sono divenuti semplici schemi. È inutile vedere queste cose con un sentimento di rimpianto per il passato. Dal mio punto di vista è indicativo constatare la rassegnazione e il marcato scetticismo del nostro tempo. È necessario affermare tali cose, perché così possiamo capire la specificità del momento storico attuale e il suo rapporto strutturale con la cultura moderna".
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"Penso ai miei "errori" passati, e non posso rammaricarmene. Significherebbe calpestare la mia giovinezza, e non voglio assolutamente farlo. Gli entusiasmi di un tempo mi venivano dalla vitalità, dal desiderio di scandalo e di provocazione, da una volontà di efficacia nonostante il mio nichilismo di allora. - La cosa migliore che possiamo fare è accettare il nostro passato; oppure non pensarci più, considerarlo morto e sepolto".
Ricordando la propria esistenza, s'accorse di avere sbagliato tutto – tutto. La sua era una vita – come si suol dire, rovinata. Ma siccome neppure agli inizi era stata un gran che, perché prendersela?
Eppure, come siamo ancora simpatici, nonostante tutto.
Una carogna col passar del tempo produce disprezzo.
Tutti i bambini hanno le guance e tutte le madri adoperano la saliva per pulirli teneramente. Queste cose o contano o non contano. Dipende dall'universo, da cos'è. ricordi così acuti probabilmente sono sintomi di disordine. Per lui, pensare sempre alla morte era peccato. Passa col carro e l'aratro sulle ossa dei morti.
Herzog scrisse: Non capirò mai che cosa vogliono le donne. Che cosa diavolo vogliono. Mangiano verdura cruda, e bevono sangue umano.
Per me, i soldi non sono un mezzo. Sono io il mezzo dei soldi. Passano attraverso di me – tasse, assicurazioni, ipoteche, mantenimenti dei figli, affitti, parcelle legali. Tutto questo dignitoso sbagliare costa un occhio.
Ma sono diligente. Mi ci metto di buona voglia e do prova di costante miglioramento. Sarò senz'altro in grandissima forma sul mio letto di morte. I buoni muoiono giovani, ma io sono stato risparmiato affinché mi possa preparare e perfezionare in modo da poter finire buono come il pane.
Se tu ci hai un buon posto, diciamo quindicimila bigliettoni all'anno, e l'assicurazione contro le malattie, e il fondo pensione, e forse anche qualche titoluccio in banca, perché non dovresti essere pure radicale? La gente che sa leggere si appropria del meglio che trova nei libri e poi se ne adorna come pare facciano certi granchi quando s'agghindano di alghe per imbellirsi.
Ma qual è la filosofia di questa generazione? Non è che Dio è morto, questo punto è già stato sorpassato molto tempo fa. Forse bisognerebbe formularlo così: la Morte è Dio. Questa generazione pensa – ed è il non plus ultra dei suoi pensieri – che nulla che sia fedele, vulnerabile, delicato può durare o avere un vero potere.
(Da Herzog, Wikipedia)
[...] Si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; che se uno soffre il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; che se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.
Ogni dolore viene scritto su lastre di una sostanza misteriosa al paragone della quale il granito è burro. E non basta un'eternità a cancellarlo.
Nel sogno c'è sempre qualcosa di assurdo e confuso, non ci si libera mai della vaga sensazione ch'è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare.
Puo darsi che per colpa del mio dannato carattere, io muoia solo come un cane in fondo ad un vecchio e deserto corridoio. Eppure una persona quella sera inciamperà nella gobbetta cresciuta nel suo giardino e inciamperà anche la notte successiva e ogni volta penserà, perdonate la mia speranza, con un filo di rimpianto, penserà ad un certo tipo che si chiamava Dino Buzzati.
Un frate di nome Celestino si era fatto eremita ed era andato a vivere nel cuore della metropoli dove massima è la solitudine dei cuori e più forte è la tentazione di Dio. [...] ancora più potente è il deserto delle città fatto di moltitudini, di strepiti, di ruote, di asfalto, di luci elettriche, e di orologi che vanno tutti insieme e pronunciano tutti nello stesso istante la medesima condanna.
Cessati l'assalto al potere e la smania del predominio, si vide che dovunque si stabilivano automaticamente la giustizia e la pace.
E di innumerevoli afflizioni è generoso il mondo, ma i morsi dell'invidia sono tra le ferite più sanguinose, profonde, difficili, da rimarginare e complessivamente degne di pietà.
Le storie che si scriveranno, i quadri che dipingeranno, le musiche che si comporranno, le stolte pazze e incomprensibili cose che tu dici, saranno pur sempre la punta massima dell'uomo, la sua autentica bandiera [...] quelle idiozie che tu dici saranno ancora la cosa che più ci distingue dalle bestie, non importa se supremamente inutili, forse anzi proprio per questo. Più ancora dell'atomica, dello sputnik, dei razzi intersiderali. E il giorno in cui quelle idiozie non si faranno più, gli uomini saranno diventati dei nudi miserabili vermi come ai tempi delle caverne.
Perché le differenze continuano a esistere finché noi viviamo parliamo vestiamo, ciascuno recitando la sua bella commedia, poi basta: poi tutti uguali nell'identica positura della morte, così semplice, così confacente ai requisiti dell'eternità.
Guardava dinnanzi a sé i parchi, i campi, i boschi, le montagne, le misteriose montagne. Vendetta, che inutile cosa.
Niente? Proprio niente rimane. Di mia mamma non esiste più nulla? Chissà. Di quando in quando, specialmente nel pomeriggio, se mi trovo solo, provo una sensazione strana. Come se qualcosa entrasse in me che pochi istanti prima non c'era, come se mi abitasse un'esistenza indefinibile, non mia eppure immensamente mia, e io non fossi più solo, ed ogni mio gesto, ogni parola avesse come testimone un misterioso spirito. Lei!
La consolazione, la felicità era tale che il modo di raggiungerla non aveva più alcuna importanza.
La donna, forse a motivo dell'educazione familiare, gli era parsa sempre una creatura straniera, con una donna non era mai riuscito ad avere la confidenza che aveva con gli amici. La donna era sempre per lui la creatura di un altro mondo, vagamente superiore e indecifrabile.
Eppure, in quella svergognata e puntigliosa ragazzina una bellezza risplendeva ch'egli non riusciva a definire per cui era diversa da tutte le altre ragazze come lei, pronte a rispondere al telefono. Le altre, al paragone, erano morte. In lei, Laide, viveva meravigliosamente la città, dura, decisa, presuntuosa, sfacciata, orgogliosa, insolente. Nella degradazione degli animi e delle cose, fra suoni e luci equivoci, all'ombra tetra dei condomini, fra le muraglie di cemento e di gesso, nella frenetica desolazione, una specie di fiore.
La gente comincia ad avere paura. Non è più una faccenda altrui, buona per quattro chiacchiere fra comari, e dopo dieci minuti non ci si pensa più; nessuno può dirsene estraneo, l'ombra del male scivola intorno a ciascuno di noi e ci potrebbe toccare.
Nominato ufficiale, Giovanni Drogo partì una mattina di settembre dalla città per raggiungere la Fortezza Bastiani, sua prima destinazione. Si fece svegliare ch'era ancora notte e vestì per la prima volta la divisa di tenente. Come ebbe finito, al lume di una lampada a petrolio si guardò allo specchio, ma senza trovare la letizia che aveva sperato. Nella casa c'era un grande silenzio, si udivano solo piccoli rumori da una stanza vicina; sua mamma stava alzandosi per salutarlo. Era quello il giorno atteso da anni, il principio della sua vera vita. Pensava alle giornate squallide all'Accademia militare, si ricordò delle amare sere di studio quando sentiva fuori nelle vie passare la gente libera e presumibilmente felice; delle sveglie invernali nei cameroni gelati, dove ristagnava l'incubo delle punizioni. Ricordò la pena di contare i giorni ad uno ad uno, che sembrava non finissero mai.
Questi stati armati fino ai denti, che si vantano di possedere il monopolio del potere, e al tempo stesso appaiono tanto vulnerabili, offrono davvero uno strano spettacolo. La cura e l'attenzione che devono dedicare alle forze di polizia minano la loro politica estera.
La polizia erode il bilancio dell'esercito, e non quello soltanto.
Se le grandi masse fossero così trasparenti, così compatte fin nei singoli atomi come sostiene la propaganda dello Stato, basterebbero tanti poliziotti quanti sono i cani che servono ad un pastore per le sue greggi. Ma le cose stanno diversamente, poiché tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos'è la libertà. E non soltanto quei lupi sono forti in sé stessi, c'è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco. È questo l'incubo dei potenti.
Chiamiamo vizi quei divertimenti che non osiamo provare.
I ciechi conducono i ciechi. Questo è il sistema democratico.
L'arte non insegna nulla, tranne il senso della vita.
L'unica cosa che non riceviamo mai abbastanza è l'amore; l'unica cosa che non doniamo mai abbastanza è l'amore.
Parole, frasi, idee, non importa quanto sottili o ingegnose, i voli più folli della poesia, i sogni più profondi, le visioni più allucinanti, non sono altro che rozzi geroglifici cesellati nella sofferenza e nel dolore per commemorare un evento non comunicabile.
L'artista è, in primo luogo, uno che ha fiducia in se stesso.
Il crimine contiene l'enigma, così profondo come la salvezza medesima.
Occorre dare un senso alla vita per il semplice fatto che essa non ha senso.
Gli uomini che non credono in nulla scrivono tomi su divinità che non sono mai esistite.
Confusione è parola inventata per indicare un ordine che non si capisce.
Essere un padre di successo è un ruolo unico: quando hai un figlio, non seguirlo solo per i primi due anni.
Gli scrittori si forgiano nell'ingiustizia come si forgiano le spade.
Fino ad ora, sulla morale ho appreso soltanto che una cosa è morale se ti fa sentire bene dopo averla fatta, e che è immorale se ti fa star male.
Essere uomo è un mestiere difficile. E soltanto pochi ce la fanno.
''Alla Sera''
Forse perché della fatal quïete
Tu sei l’immago a me sí cara vieni,
O Sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all’universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
"Come fai a vedere tutto così chiaramente?"
chiese un allievo al suo Maestro
"Chiudo gli Occhi" rispose questi.
Tre monaci osservano una bandiera che si agita nella brezza.
Osserva uno: "La bandiera si muove", ma il secondo ribatte:
"E' il vento che si muove". Allora dice terzo:
"Sbagliate entrambi. E' la vostra mente che si muove".
La perdita diventa guadagno. Il guadagno diventa perdita.
La felicità diventa infelicità. L'infelicità diventa felicità.
Se ottenete una cosa, perdete un'altra cosa.
Se perdete quella cosa , ne ottenete un'altra.
Il grande sentiero non ha porte,
Migliaia di strade vi sboccano.
Quando si attraversa quella porta senza porta,
Si cammina liberamente tra cielo e terra.
Dal momento che non ho mai deliberatamente tormentato nessuno, non è giusto ch'io tormenti neppure me stesso.
Ben difficilmente si vede un uomo infelice per non essere riuscito a scorgere ciò che avviene nell'anima altrui; ma colui che non avverte i moti della propria anima, è inevitabile che sia infelice.
Non intraprendere nessuna azione a caso, né in altro modo che non sia perfettamente a regola d'arte.
Nella mente di un uomo riportato alla disciplina e alla purezza non puoi trovare nulla di marcio, nulla di contaminato, nessuna piaga interna. E la sua vita, quando il fato la coglie, non è incompiuta, come invece si direbbe nel caso di un attore tragico che si congedasse prima di aver concluso e recitato l'intero dramma. E ancora: nulla di servile, nulla di specioso, nessun legame eccessivo, nessun distacco reciso, nessun rendiconto a terzi, niente in agguato.
Sopprimi l'opinione e sopprimerai il "sono stato offeso"; sopprimi il "sono stato offeso" e sopprimerai l'offesa.
Ciò che non rende l'uomo peggiore di quanto sia, non peggiora neppure la sua vita, né gli reca danno esteriore o interiore.
"Tutto ciò che accade, accade giustamente". Troverai che è vero, se rifletterai con attenzione. E non dico solo secondo un rapporto di conseguenza, ma secondo giustizia e come se qualcuno distribuisse le sorti secondo il merito individuale. Osserva quindi come hai iniziato, e qualunque cosa tu faccia, falla così, con la volontà di essere buono nel senso specifico in cui s'intende che un uomo è buono. Osserva questa regola in ogni tua azione.
Non immaginare le cose come le giudica il prepotente o come egli vuole che tu le giudichi, ma sappile vedere come effettivamente sono.
"Possiedi la ragione?" " Sì". "Allora perché non la usi? E se fa quel che deve, che altro vuoi?".
Non vivere come se tu avessi ancora diecimila anni da vivere. Il fato incombe su di te. Finché vivi, finché ti è possibile, diventa buono.
Non divagare, ma in ogni impulso ad agire compi ciò che è giusto e in ogni pensiero serba intatta la tua facoltà percettiva.
Ama il mestiere che hai imparato e contentane. Passa il resto della tua vita come chi ha affidato con tutta l'anima agli dèi le proprie cose, senza farti mai tiranno né schiavo di nessuno.
Non dura che un giorno ogni cosa, tanto ciò che ricorda, quanto ciò che è ricordato.
Il modo migliore per difendersi da un nemico è di non comportarsi come lui.
Chi ama la gloria considera quale proprio bene l'attività altrui; chi ama il piacere, le proprie passioni; chi ha senno, le proprie azioni.
Ciò che non giova all'alveare, non giova neppure all'ape.
Non stare in ansia per l'avvenire, perché vi arriverai, se dovrai, portando in te la stessa ragione di cui ti avvali ora per il presente.
Vivere è un'arte che assomiglia più alla lotta che alla danza, perché bisogna sempre tenersi pronti e saldi contro i colpi che ci arrivano imprevisti.
Adattati alla sorte che ti è toccata, e ama gli uomini tra cui ti è toccato vivere, ma amali veramente.
Bada di non provare mai, verso chi è misantropo, gli stessi sentimenti che egli prova verso l'umanità.
Spesso compie un'ingiustizia non solo chi fa, ma anche chi non fa qualche cosa.
È ridicolo non cercare di evitare la propria malvagità – cosa che è possibile –, mentre si cerca poi di evitare quella degli altri – cosa che è impossibile.
Non discutere più di come debba essere l'uomo per bene, ma siilo.
Le cose sono di due maniere; alcune in potere nostro, altre no. Sono in potere nostro l' opinione, il movimento dell'animo, l'appetizione, l'aversione, in breve tutte quelle cose che sono nostri propri atti. Non sono in poter nostro il corpo, gli averi, la riputazione, i magistrati, e in breve quelle cose che non sono nostri atti.
Le cose poste in nostro potere sono di natura libere, non possono essere impedite né attraversate. Quelle altre sono deboli, schiave, sottoposte a ricevere impedimento, e per ultimo sono cose altrui.
Ricòrdati adunque che se tu reputerai per libere quelle cose che sono di natura schiave, e per proprie quelle che sono altrui, t'interverrà di trovare quando un ostacolo, quando un altro, essere afflitto, turbato, dolerti degli uomini e degli Dei.
(dal Manuale)
- Citazioni -
Se ti affezioni ad una pentola, pur sapendo che è di terracotta, non ti lamentare se si rompe. Nello stesso modo, quando baci tua moglie o tuo figlio, di' sempre a te stesso "Sto baciando un mortale", affinché, se poi muoiono, tu non abbia a rimanere sconcertato.
Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza della diairesi; accusare se stessi significa cominciare ad usare la diairesi; non accusare né sé né altri, questa è compiuta educazione alla diairesi.
Non sono i fatti a sconcertare gli esseri umani, ma i loro giudizi intorno ai fatti.
Ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma le opinioni che essi hanno delle cose.
Non cercare che gli avvenimenti accadano come vuoi, ma disponi gli avvenimenti come accadono; e sarai sereno.
Non dire mai di una cosa o di una persona: "L'ho perduta"; di' sempre: "L'ho restituita".
Se vuoi progredire, sopporta di apparire stolto e insensato per le cose esterne, non voler sembrare sapiente e se sembri ad alcuni di essere qualcuno, diffida di te stesso.
Il tuo compito nella vita è recitare nobilmente la parte che ti è stata assegnata. Quanto alla scelta di essa, questo è compito di un altro.
Se qualcuno delegasse il tuo corpo a chi ti viene incontro, ne fremeresti. E che tu deleghi la tua intelligenza a chi capita affinché, se sarai ingiuriato, essa ne sia sconcertata e confusa: per questo non ti vergogni?
Se uno ti viene a dire che un tale parla male di te, non cercare di difenderti, ma rispondi: "Senz'altro costui ignora gli altri miei difetti, altrimenti non avrebbe parlato solo di questi".
Se ti assumi un ruolo al di sopra delle tue possibilità, non solo ci fai una brutta figura, ma tralasci anche il ruolo che potevi svolgere.
Una volta superata la misura, non c'è più alcun limite.
Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà.
Non sei una monade isolata, ma una parte unica e insostituibile del cosmo. Non dimenticarlo, sei un elemento essenziale nel groviglio dell'umanità.
(da Wikipedia)
GLI STOICI FANNO AFFERMAZIONI CONTRASTANTI LE UNE CON LE ALTRE E NON RISPETTANO NELLA PRATICA LA LORO STESSA TEORIA
SOMMARIO DEI SINGOLI PARAGRAFI
§ 1. Non vi è coerenza tra i principi teorici degli Stoici e la loro pratica di vita.
§ 2. Gli Stoici hanno scritto molti trattati sulla Costituzione Politica e sulla Organizzazione dello Stato, ma ben pochi di essi hanno ricoperto incarichi pubblici o si sono impegnati in campagne militari. Essi hanno invece sempre di gran lunga preferito una vita di piacere, fatta di comodi studi e di gradevoli discussioni, più consona ad una filosofia come quella di Epicuro che alla loro.
§ 3. I pochi Stoici che si sono avvicinati alla Politica hanno accettato di svolgere il loro lavoro in nome di leggi istituite da persone che essi però affermano essere stati individui vili e privi di senno.
§ 4. Gli Stoici, non essendo in grande maggioranza Greci, si sono comportati verso le loro patrie di origine in modo contraddittorio e illogico.
§ 5. Ciò che Crisippo prescrive di fare al saggio che parteciperà alla vita Politica, equivale ad una ammissione della completa impraticabilità delle teorie Stoiche.
§ 6. Nei confronti delle cerimonie Religiose, la pratica degli Stoici mostra di essere in contrasto con le teorie di Zenone, ancor più di quanto lo sia quella degli Epicurei con quelle di Epicuro.
§ 7. Circa l’unicità o la pluralità delle virtù Zenone ha contraddetto se stesso; ma anche Crisippo è caduto in contraddizione poiché per difendere Zenone ha attaccato Aristone, il quale però -come del resto aveva fatto Cleante- in sostanza altro non aveva detto che quel che sosteneva Zenone.
§ 8. Zenone si contraddice perché ha usato la dialettica al fine dimostrare che per giungere ad un verdetto è sufficiente ascoltare una sola delle due parti, ossia per provare che la dialettica non è necessaria.
§ 9. Crisippo fa della dottrina sugli Dei il fondamento dell’Etica, e però comanda di cominciare gli studi filosofici a partire dall’Etica, per poi passare soltanto in seguito alla Teologia. Teologia senza la quale egli però afferma che non si dà alcun fondamento né alcuna possibilità di studiare l’Etica.
§ 10. Crisippo argomenta sia contro una tesi che contro la tesi opposta, e lo fa non per la ricerca della verità ma per l’ambizione di vincere; sicché riesce spesso ad essere più abile come accusatore che come difensore delle sue stesse dottrine.
§ 11. Gli Stoici fanno della legge qualcosa di autocontraddittorio, in quanto affermano che essa ingiunge ai viziosi di fare le azioni che essi sono incapaci di fare e proibisce loro di fare le azioni dalle quali essi sono incapaci di astenersi; mentre le azioni dei sapienti sono sempre e comunque rette.
§ 12. Crisippo si contraddice quando afferma che le azioni dei viziosi non sono mai proficue e quelle dei virtuosi sono sempre rette, e però poi sostiene che noi tutti ci appropriamo appena nati di noi stessi e compiamo tutte le azioni appropriate alla nostra sopravvivenza.
§ 13. La tesi Stoica secondo la quale non c’è un vizio che sia più eminente di un altro vizio, né una virtù che sia più eminente di un’altra virtù, è contraddetta dalle affermazioni di Crisippo sulla possibilità di un progresso dell’uomo nella virtù oppure nel vizio, e sull’esistenza di un certo grado di differenza tra aberrazioni diverse.
§ 14. Crisippo fa a Platone una colpa del fatto di mostrare che il non vivere è più vantaggioso del vivere da vizioso e da ignorante. Ma è lo stesso Crisippo che, rettificando un verso di Teognide, consiglia all’uomo di buttarsi in un precipizio o di affogarsi in mare pur di rifuggire il vizio. E Crisippo si sta contraddicendo anche quando loda Antistene perché spinge i dissennati ad impiccarsi, giacché è lui stesso a dire che l’essere viziosi non è un motivo sufficiente per allontanarsi dalla vita.
§ 15. Crisippo contraddice se stesso quando schernisce i libri di Platone e di Aristotele a proposito delle loro concezioni circa il ‘bene’, le virtù e il ‘sommo bene’. Infatti egli utilizza per criticare di Aristotele argomentazioni la cui validità egli stesso nega quando accusa Platone.
§ 16. Crisippo accusa Platone di dire un’assurdità quando sostiene che l’ingiusto è ingiusto anche con se stesso. E tuttavia in altre occasioni sostiene che chi commette ingiustizia contro chiunque, commette ingiustizia anche contro se stesso.
§ 17. Crisippo afferma che la concezione Stoica della virtù e del vizio come solo bene e solo male, e della indifferenza di tutto il resto, è perfettamente in armonia con la nostra vita e quella che meglio si rifà alle nostre prolessi innate. Egli mostra così di prescindere dal nostro essere in vita, dalla salute, dalla assenza di dolore, dalla integrità degli organi di senso e finge che tutto ciò sia nulla per noi, quando invece sono proprio queste le cose che gli uomini chiedono agli dei.
§ 18. Crisippo dichiara che essenza dell’infelicità è il vizio, e tuttavia rimarca che è meglio vivere da infelice piuttosto che non vivere. Siccome però il semplice vivere è per gli Stoici un ‘indifferente’, quale contraddizione potrebbe essere maggiore di quella per cui per coloro che sono al culmine dell’infelicità diventa doveroso non distornarsi dai mali loro presenti al fine di serbare qualcosa, cioè la vita, che è di per sé un indifferente?
§ 19. Gli Stoici ammettono che beni e mali siano entità sensibili del tutto differenti e che finché non si impossessi del bene puro e perfetto l’uomo persiste nell’uso del puro male. Ma così facendo essi si cacciano nella aporia del ‘sapiente a sua insaputa’ il quale, poiché la transizione dal vizio alla virtù è così istantanea, non ha ancora afferrato di essere diventato sapiente, anzi lo ignora ed è nell’incertezza che sia avvenuta.
§ 20. Crisippo si contraddice quando afferma che la coerenza della vita di un sapiente consiste nella scelta del disinteresse completo o parziale per gli affari pubblici, e però nel cercare di fare denari in vari modi, nell’attenzione a non farsi raggirare su un compenso pattuito e anche nel curare per una necessità qualunque addirittura gli affari dei tiranni del Bosforo.
§ 21. Di fronte alla bellezza, alla varietà e all’utilità per l’uomo delle opere naturali della Prònoia, Crisippo si comporta come chi biasimasse i commensali perché si servono delle varie portate, del vino e delle pietanze che hanno a disposizione, e però al contempo lodasse il padrone di casa che ci ha invitati e che ha fatto preparare per noi questi cibi.
§ 22. Crisippo indica alcuni comportamenti degli animali privi di ragione come dei modelli che gli uomini possono utilmente imitare. Ma è contraddittorio che egli definisca tale imitazione, a suo comodo, opportuna in un caso ed illogica in un altro.
§ 23. In polemica con gli Epicurei, Crisippo sostiene con decisione che non esistono movimenti incausati e spontanei. E però anche in questo caso si contraddice, affermando che qualora sia messo dinanzi alla scelta tra due alternative indistinguibili, l’uomo non può fare altro che affidarsi alla sorte ed alla inclinazione come capita dell’intelletto.
§ 24. Crisippo ammette di avere grande stima di Platone, di Aristotele e dei loro successori in quanto personalità che hanno trattato la dialettica con molta serietà, come una delle arti e facoltà più grandi e più necessarie al filosofo. E però non smette mai di qualificare come contraddittori e pieni di miriadi di altri errori proprio i risultati che essi hanno ottenuto grazie all’uso di quella dialettica.
§ 25. Crisippo si contraddice poiché in uno dei suoi libri afferma che non esiste il godimento per i mali altrui, mentre in un'altra delle sue opere sostiene l’esatto contrario.
§ 26. Crisippo afferma che coloro i quali sono felici per la maggior parte del loro tempo, non sono più felici bensì felici allo stesso modo e allo stesso grado di coloro i quali partecipano della felicità per un solo istante. E però in molti dei suoi libri sostiene che non vale la pena di muovere neppure un dito per una saggezza momentanea che ci attraversa come un lampo.
§ 27. Gli Stoici dicono che chi agisce secondo una virtù agisce secondo tutte. Crisippo invece afferma che non sempre l’uomo virtuoso si comporta virilmente, e che non sempre l’uomo vizioso si comporta vilmente.
§ 28 Crisippo si preoccupa così poco di evitare di autocontraddirsi che arriva a suggerire agli oratori di disporre in buon ordine il loro discorso fino a dettagli riguardanti le estensioni della voce, il decoro delle mani e quello della bocca; e poi concede loro di non darsi alcun pensiero né delle ellissi né delle oscurità e di non vergognarsi neppure dei solecismi.
§ 29. Crisippo accusa Platone di essere caduto in errore quando ha affermato che il cibo umido si porta nel polmone e il cibo secco nell’intestino. Ma proprio Crisippo ha sostenuto che il numero di combinazioni ottenibile mediante dieci proposizioni oltrepassa il milione, senza peraltro avere fatto al riguardo accurate ricerche personali né riferendo informazioni vere di esperti.
§ 30. Per Zenone lo ‘indifferente promosso’ ha lo stato né di un ‘bene’ né di un ‘indifferente’. Ma Crisippo ha reso la faccenda ancora più intricata, concedendo il punto a coloro che vogliono chiamare ‘beni’ gli ‘indifferenti promossi’ e ‘mali’ gli ‘indifferenti ricusati’. In conseguenza di ciò egli ha riempito non soltanto la virtù ma anche la Prònoia di incombenze in intimo contrasto reciproco, per cui la virtù appare essere qualcosa che dà un peso enorme a delle inezie e che talora può imporre al sapiente di navigare fino al Bosforo e di fare le capriole.
§ 31. Gli Stoici affermano che ciò di cui è possibile fare un uso buono o cattivo è né un bene né un male. Infatti, tutti i viziosi fanno cattivo uso della ricchezza di denaro, della salute e della vigoria del corpo: perciò nessuna di queste cose è un bene. Se dunque la divinità non dà agli uomini la virtù, ma essa è libera scelta dell’uomo, la divinità però dà ricchezza di denaro e salute a gente che le utilizzerà non bene ma male, ossia in modo dannoso, vergognoso e sciagurato. Chi potrebbe trovare delle dichiarazioni più contraddittorie circa gli dei di quelle di Crisippo, il quale afferma che gli dei provvedono a noi nel miglior modo possibile?
§ 32. Crisippo applica sempre a dio epiteti nobili e denotanti amicizia per l’uomo, ma gli attribuisce poi opere selvatiche, barbare e degne dei Galati. Zeus, insomma, dopo averli lui stesso fatti nascere e crescere, massacra gli uomini di bastonate ed escogita pretesti per rovine, distruzioni ed eccidi, mentre invece dovrebbe non fornire causa ed origine per la loro generazione.
§ 33. Nessuna guerra tra gli uomini nasce senza che essa origini da un qualche vizio. Se pertanto il dio fa scoppiare le guerre, sarà ancora lui a far nascere anche i vizi, esacerbando e pervertendo gli uomini. Eppure Crisippo sostiene che la divinità non può mai essere complice di atti empi e vergognosi.
§ 34. Come può accadere che Zeus non sia concausa di alcunché di vergognoso, e contemporaneamente che la neppur minima cosa possa accadere altrimenti che in armonia con la Natura comune a tutte le cose e la sua legge? Tra tutti gli eventi che accadono sono infatti compresi anche eventi vergognosi. Crisippo concede dunque piena ed incondizionata libertà di azione alla malvagità, considerandola non soltanto necessaria e in armonia col Destino, ma anche un prodotto in armonia con la ragione divina e la perfezione della Natura.
§ 35. Mosso dalla volontà di dire ad ogni costo qualcosa di originale e fuori dall’ordinario su qualunque argomento, Crisippo afferma che fare il tagliaborse, fare il sicofante e l’andare fuori di testa non sono cose inutili, e che non è inutile che esistano le persone inutili, quelle dannose e quelle malefiche. Infatti il vizio, secondo il ragionamento di Crisippo, è qualcosa di assolutamente incolpevole, mentre quello che si deve incolpare è Zeus: se il vizio è inutile, perché l’ha creato; e se l’ha creato utile, perché lo castiga.
§ 36. Crisippo sostiene che è impossibile rimuovere interamente il vizio e che non sta bene che esso sia rimosso. Ma allora Crisippo, poiché attraverso la sua opera filosofica rimuove, per quanto è in suo potere, il vizio, sta facendo qualcosa che è in contraddizione con la ragione e la legge divina.
§ 37. Secondo Crisippo non vi sono da fare incolpazioni né biasimi al cosmo, giacché tutti gli eventi vi sono introdotti e rappresentati secondo la migliore natura possibile. In alcuni luoghi delle sue opere egli lascia però trasparire certe incolpazioni di trascuratezza in faccende né piccole né da poco, come la condanna a morte di Socrate. Invero, se in simili faccende si trova mescolata una gran dose di Necessità, ciò significa che Zeus non le padroneggia tutte né che tutte sono governate secondo la sua ragione.
§ 38. Gli Stoici affermano che noi abbiamo cognizione della divinità come di un essere vivente beato, beneficente verso gli uomini e imperituro. Crisippo invece crede che, ad eccezione di Zeus, nessuno degli dei sia imperituro, ma che tutti siano nati in passato e siano destinati a perire in futuro. Se pertanto chi ritiene che gli dei siano perituri dice un’assurdità pari a quella di chi crede gli dei né provvedenti né filantropi, Crisippo è caduto nello stesso errore di Epicuro; giacché Epicuro priva gli dei della prerogativa di essere benefici, Crisippo di quella di essere imperituri.
§ 39. Crisippo è in contraddizione con se stesso non soltanto quando dichiara che, eccezion fatta del cosmo e di Zeus, gli altri dei si nutrono, e poi invece afferma che il cosmo si nutre; ma è ancor di più in contraddizione con se stesso quando sostiene che il cosmo si accresce nutrendosi di se stesso.
§ 40. Il concetto che gli Stoici hanno degli dei include quelli di felice, di beato e di autosufficiente. Ma Crisippo afferma invece che ad essere autosufficiente è soltanto il cosmo, giacché esso è l’unico ad avere in se stesso tutto ciò di cui abbisogna. Qual è dunque la conseguenza del fatto che il cosmo soltanto sia autosufficiente? Ne consegue che se tutti gli altri dei non sono autosufficienti, neppure potrebbero essere felici e beati.
§ 41. Crisippo ritiene che il feto umano sia nutrito dalla natura nell’utero materno come un vegetale, e che quando poi è partorito, allora lo pneuma vegetale, raffreddato dall’aria e temprato, si trasforma e diventa ‘animale’. Ma come può lo stato ‘animato’ originare per raffreddamento, se Crisippo dichiara di ritenere il sole un essere animato, fatto di fuoco e nascente da un’esalazione che si trasforma in fuoco? Crisippo pone dunque all’origine dello stato ‘animato’ in un caso l’accensione e nell’altro il raffreddamento.
§ 42. A volte Crisippo afferma che l’aria tende a salire verso l’alto e che è leggera, mentre altre volte dice che di per sé l’aria ha né peso né leggerezza.
§ 43. Crisippo sostiene che l’aria è per natura tetra e fredda, e che le forze di coesione che tengono uniti i vari corpi non sono altro che ‘aria’, la quale dà forma e figura specifiche a ciascun materiale che permea. Ma se l’aria è forza coesiva, essa farà somigliare a sé ciascuno dei vari corpi che permea, di modo che essi saranno tutti neri e molli. Se invece l’aria, nella mescolanza con essi, acquista caratteristiche contrarie a quelle che ha per natura, essa non può più essere considerata forza di coesione.
§ 44. Contraddicendo le sue stesse dottrine sull’inesistenza di un centro dell’infinito e sulle forze coesive che tengono unito il cosmo e ne impediscono l’estinzione, Crisippo sostiene che il cosmo ha sede nella parte mediana e centrale di tale spazio infinito, e che è soltanto grazie a questa sua posizione che esso non va incontro ad estinzione.
§ 45. Se l’occupazione della regione centrale dell’universo è causa dell’incorruttibilità del cosmo e se ciò è avvenuto per puro caso, è manifesto che secondo Crisippo la salvaguardia dell’intero cosmo è opera di un insieme di circostanze casuali e non del Destino né della Prònoia.
§ 46. Crisippo definisce ‘possibile’ tutto ciò che accoglie in sé la possibilità di diventare vero anche se non lo diventerà, e rende così possibili molte cose che non sono scritte nel Destino. Pertanto Crisippo fa perdere al Destino la sua forza invincibile, ineluttabile, che ha il sopravvento su tutto.
§ 47. L’affermazione di Crisippo che la rappresentazione non sia la causa decisiva dell’assenso, bensì soltanto una causa predisponente e accessoria, è in completo contrasto con la sua dottrina sul Destino, secondo la quale anche il più piccolo evento avviene in conformità con esso.
http://www.epitteto.com/Plutarco%20Contraddizioni%20degli%20Stoici%20Intro.html
Tu che godi nell'unione di beatitudine e vacuita'
Assiso immobile su un disco di luna
Magnifico su un fiore dai cento petali
Splendente di luce bianca,
Omaggio a te, Vajrasattva, supremo maestro.
Ascolta Abushri,
Stupido disgraziato che sogni ad occhi aperti,
Ma ti ricordi di come i difetti mentali
Ti hanno confuso nel passato?
Allora sta attento ai difetti mentali nel presente,
E non vivere da ipocrita.
Da' un taglio alle congetture superflue.
Hai fatto centinaia di progetti
Che non si sono mai realizzati
E ti hanno portato solo insoddisfazione.
Le iniziative non condotte a termine sono come
Il movimento delle onde che si sovrappongono.
Sta un po' per conto tuo
E smettila di farti girare la testa.
Hai studiato centinaia di filosofie
Senza comprenderne nessuna.
Allora a cosa servono altri studi?
Hai studiato senza ricordarti poi niente
Nei momemti di bisogno,
E a cosa serve allora la contemplazione?
Dimentica quello che chiami "meditazione"!
Tanto non pare ti stia curando
Dai difetti mentali.
Puoi aver recitato il numero prescritto di mantra
Ma non hai ancora il controllo sulle visualizzazioni.
Forse puoi avere controllo sulle visualizzazioni
Ma non hai ancora allentato la morsa della dualita'.
Puoi aver superato le malvagita' piu' ovvie
Ma non hai ancora domato il tuo ego.
Dimentica le sessioni di meditazione prefissate
Seguendo orari maniacali.
Acuta e limpida ma senza riuscire a lasciarsi andare,
Fonda e regolare ma mancante di chiarzza,
Visione profonda che punzecchia soltanto,
Questa e' la tua meditazione!
Dimentica l'abbaglio della concentrazione
E la mente legata a un palo.
I discorsi sembrano interessanti
Ma non aiutano la tua mente.
La mente logica sembra sveglia
Ma in realta' semina confusione.
Le istruzioni orali appaiono molto profonde
Ma non aiutano se non sono messe in pratica.
Dimentica quello sfogliare di libri
Che causa distrazione e indebolisce la vista.
Percuoti il tuo antico tamburo da preghiera,
Ma solo per la novita' di giocarci.
Fai offerta del tuo corpo,
Ma di fatto ci sei ancora attaccato.
Il suono dei tuoi cimbali e' limpido e cristallino
Ma la tua mente e' pesante e torbida.
Dimentica tutti questi artifici,
Per quanto siano attraenti.
I tuoi discepoli sembra che studino
Ma non portano a termine niente;
Quando c'e' un luccichio di comprensione
Il giorno dopo e' sparito.
Imparano una cosa su cento
Ma non tengono a mente neanche quella.
Dimentica il fervore apparente di questi discepoli!
L'amico piu' caro e' pieno di amore oggi
E indifferente domani.
Un minuto e' umile e quello dopo arrogante.
Piu' uno gli vuol bene e piu' diventa un alieno.
Dimentica il caro amico che sorride
Perche' l'amicizia e' ancora una novita'.
La tua ragazza ha un bel sorriso stampato
Ma chissa' cosa sta pensando veramente?
Per una notte di piacere sono mesi di crepacuore.
Puoi passare un mese cercando di portartela a letto
Senza poi neanche riuscirci.
Non val proprio tutto lo scandalo e i pettegolezzi,
Quindi dimenticati di lei.
Chiacchere senza fine provocano simpatie e antipatie.
Possono essere divertenti e piacevoli,
Ma sono solo un imitare i difetti degli altri.
Chi le ascolta sembra d'accordo
Ma forse sotto sotto ti biasima.
Ti fanno solo venire la gola secca
Quindi dimentica le parole oziose!
Predicare senza esperienza diretta dei vari argomenti
E' come ballare sui testi sacri.
Il pubblico appare desideroso di asoltare
Ma in realta' non ha un vero interesse.
Se non pratichi quello che stai predicando
Te ne dovrai vergognare prima o poi,
Quindi dimentica le vane retoriche!
Quando non hai dei testi
Ne senti il bisogno;
Ma se li hai, allora no.
Sono solo pagine su pagine
E farne delle copie non finisce mai.
Tutti i libri del mondo
Non ti potranno soddisfare,
Quindi dimentica di copiarli,
A meno che tu non venga pagato per farlo!
Un giorno sei bello rilassato,
Il giorno dopo tutto teso.
Non sarai mai felice
Se ti lasci influenzare dagli umori delle varie persone.
A volte sono si' cordiali
Ma forse non quando hai bisogno di loro
E finisce che ci puoi restare male.
Quindi dimentica le lusinghe e le buone maniere!
Le imprese politiche e religiose
Sono solo per i gentiluomini.
Non son cose per te, mio caro ragazzo.
Ricordati dell'esempio di una vecchia mucca
Che e' contenta di addormentarsi in una stalla.
Devi mangiare, dormire e andare di corpo -
Non se ne puo' fare a meno -
Qualunque cosa ci sia in piu', non sono affari tuoi.
Fai quello che hai da fare
E resta con te stesso.
Sei l'ultimo degli ultimi
Quindi dovresti essere umile.
C'e' un'intera gerarchia sopra di te
Quindi smettila di fare l'arrogante.
Non dovresti avere troppi soci
Perche' sicuramente sorgerebbero divergenze.
E dato che non sei coinvolto
In imprese politiche o religiose
Non pretendere troppo da te stesso.
Molla tutto, sta' li' il segreto!
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Questo insegnamento, nato dalla propria esperienza, viene dato dallo yogi Trime Lodro al suo caro amico Abushri. Praticatelo, anche se non c'è niente da praticare. Mollate tutto, questo è il punto. E anche se non riuscite a praticare il Dharma, non prendetevela troppo e non arrabbiatevi.
Patrul Rinpoche, un maestro tibetano molto amato, visse intorno alla fine del secolo scorso. Era un Lama Nyimapa di chiara fama, particolarmente interessato nell'integrare la filosofia e la pratica di meditazione. Compose molte opere del sentiero graduale dei sutra e dei tantra. si rifiutava di vivere nei monasteri e nelle istituzioni e divenne un grande viaggiatore.
***
La traduzione in italiano, da una versione inglese, è di Andrea Antonietti.
http://www.padmanet.com/index.php?option=com_content&view=article&id=41:molla-tutto-sta-li-il-segreto-una-poesia-di-patrul-rinpoche&catid=12&Itemid=140
L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.
La presenza di Èrato vuole essere la palestra della poesia e della critica della poesia operata sul campo, un libero e democratico agone delle idee, il luogo del confronto dei gusti e delle posizioni senza alcuna preclusione verso nessuna petizione di poetica e di poesia.
Letture, musica, luoghi. Il blog di Alberto Riva
Non farò la fine di una foglia d'autunno che si arrende.
Dott.ssa Titti Damato, Psicologa
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" Fai della vita la tua forma d'arte, che ogni attimo possa diventar verso ed ogni giorno pagina." Questa è la mia arte. Questa è la mia storia. Questa è la mia vita. Almeno in 'parte'...
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La letteratura dà notizie che restano sempre d'attualità (Ezra Pound)